Bellissimo commento del Corriere alla vicenda dello spionaggio in F1. Sottoscrivo totalmente.
Il commento sulla sentenza Fia
Il testacoda delle regole
Mondo senza regole. Con le leggi del calcio condanna inevitabile
Non è successo niente. Meglio: è successo di tutto, ma gli alti papaveri del Consiglio mondiale della Formula 1, alloggiati comodamente all’hotel de Crillon in Place de La Concorde a Parigi, in suite da mille euro a notte, non si sono accorti di nulla e quindi hanno assolto la McLaren.
«Non luogo a procedere» anche se lo spionaggio, hanno dovuto ammettere i giudici sportivi, c’è stato. Eccome se c’è stato. Nella fin troppo breve motivazione della sentenza di assoluzione della McLaren, si sostiene che la squadra inglese «era in possesso di informazioni confidenziali della Ferrari», quindi violazione dell’articolo 151c del codice sportivo, «ma non ci sono prove sufficienti che queste informazioni — chiamansi spiate — siano state utilizzate dalla McLaren».
Si resta sbigottiti di fronte a un tono così pilatesco nel formulare la sentenza di non colpevolezza. Un tono che sconfina con la barzelletta (ma la giustizia sportiva non può permettersi di far ridere, altrimenti la sua credibilità viene incenerita dal ghigno stesso) quando si promette una maggiore severità, addirittura l’esclusione della McLaren dalla F1 per gli anni a venire, qualora si dimostrasse in un prossimo futuro «che quelle informazioni (nelle mani della McLaren da mesi) siano state utilizzate a detrimento del campionato di F1».
C’è qualcosa che non va, è evidente. Si ufficializza l’esistenza di comportamenti scorretti e sleali: a scriverlo sono addirittura i giudici. Ma si fa finta di niente pure in presenza di una dichiarazione così solenne e grave. Lo sport è fatto anche di valori, di etica, di correttezza. Colti da una improvvisa quanto grave sindrome, una specie di Alzheimer da Gran premio, i giudici della F1 vanno in testacoda e se ne fregano dei valori. Ma non basta: si sostiene che non sia stato provato il vantaggio tecnico della McLaren. In un mondo dove tra vittoria e sconfitta il confine è costruito dai millesimi di secondo, è tremendamente difficile accettare una tesi simile. Fa venire il mal di pancia, e non è un bel sintomo.
Stepney, uomo Ferrari, passa di tutto a Coughlan, uomo McLaren. E la faccenda è già grave. La spy story assume dimensioni inquietanti quando alla McLaren le carte trafugate finiscono nelle mani pesanti di tecnici di altissima responsabilità. Gente strapagata, dirigenti che coordinano progetti miliardari, capi progettisti di primissimo livello, uomini che disegnano le macchine. Invece di denunciare subito il fattaccio, meditano, aprono un dibattito interno, si studiano per bene le carte e i segreti (che non sono più segreti) della Ferrari. Anche qui il Consiglio mondiale della F1 fa finta di niente. Nel calcio, che non è il miglior mondo possibile e non è certo il paradiso dell’etica sportiva, la McLaren sarebbe stata retrocessa, per responsabilità diretta e oggettiva. Almeno nel primo grado di giudizio. Stiano attenti i parrucconi travestiti da giudici: se gli appassionati iniziano a non credere più nelle corse, nella sacralità di quell’atto magico pieno di coraggio che è il gran premio, allora la malattia può diventare grave. La sentenza di Parigi può essere un pericolosissimo virus
Daniele Dallera